LA MORTE DI MUSSOLINI
Articolo pubblicato dal famoso giornalista svizzero Gentizon su un
noto settimanale elvetico nel Maggio 1945.
Paul Gentizon
L'Italia ha vissuto uno dei giorni più oscuri della sua storia
millenaria.Dopo una carriera folgorante, alla fine di una guerra sfortunata,
il condottiero che dal 1920 era apparso come il simbolo vivente delle aspirazioni
più profonde del popolo italiano, Mussolini, ha subito una atroce
fine.
Tuttavia l'intera sua vita non è stato che un tentativo commovente
e tragico di risvegliare le vittorie romane, di rifare dell'Italia una
grande potenza.Spesso, allorchè si rivolgeva alla gioventù
italiana nell'intento di entusiasmarla, Mussolini amava porre la domanda:"Non
è preferibile morire in un assalto piuttosto che soccombere per
malattia?". Infatti egli non si augurava d'agonizzare tra due lenzuola.Egli
avrebbe voluto morire sulla barricata o, meglio ancora, in una nube nel
cielo della gloria.Ma le figlie dell'Ade, le Parche, padrone del destino
degli uomini, gli hanno rifiutato il trattamento proporzionato alla sua
vita eccezionale: una morte degna di lui.
Dopo aver voluto tante volte forzare il destino per guadagnarsi il
privilegio di morire da eroe, egli è caduto da martire.
E' morto per la difesa del suo ideale e della sua fede politica.E'
morto per l'Italia.Non è mai stato un debole nel quadro della sua
azione civile, militare e patriottica.Non ha mai disperato.Sino alla fine
è stato eroico e leale.Nel luglio del 1943, malgrado fosse duramente
colpito dall'ingiustizia e dalla debolezza degli uomini, egli non si è
mai lasciato andare.Dal giorno successivo alla sua liberazione, malgrado
la situazione dolorosa e caotica, egli si è rimesso al lavoro.Ha
ripreso il suo sforzo sovrumano per la salvezza e la resurrezione dell'Italia.In
qualche settimana ha ricostruito un governo, un' amministrazione, rifatta
la struttura di un partito, costituito la base di un nuovo esercito, raddrizzato
lo stato.Ma non è dipeso da lui che la terra dei suoi padri fosse
salvata.Egli donò tutte le sue forze, tutto il suo cuore al suo
paese.Gli ha donato la sua vita.Lottò fino alla fine per mantenere
all'Italia il diritto di riprendere nel mondo il posto d'onore e di gloria
conquistato a varie riprese, nel corso dei secoli, col sacrificio e col
sangue degli antenati.
Egli personificò, fino all'ultimo istante, le speranze e la
fortuna della Patria.La sua morte drammatica serve ancora l'ideale della
sua vita.
Numerosi europei, che l'hanno ammirato, hanno appreso con tristezza
la sua sparizione.Molti, presi dal profondo dolore, l'hanno pianto.Oggi
essi non possono fare altro che onorarlo nelle loro preghiere e testimoniare
in suo favore con la fedeltà del ricordo.
Per vari aspetti Mussolini era affascinante.Per anni tutti gli stranieri
di rilievo che vennero a Roma non avevano altro interesse che avvicinare
l'uomo che, in condizioni estremamente difficili dopo parecchi anni di
anarchia e di caos, era riuscito a rimettere ordine e ritmo all'intera
vita dell'Italia moderna.
Lo si assediava.Erano decine, ogni giorno, le richieste di ricevimento
che dovevano essere rifiutate.D'altra parte le udienze erano brevissime.E
alla fine, la maggioranza di coloro che l'avvicinavano, nel corso del loro
soggiorno sulle rive del Tevere, non avevano il tempo nè di comprenderlo,
nè di interpretarlo.Spesso non ne riportavano che un'immagine errata.Così
che una leggenda aveva finito col diffondersi: quella del dittatore massiccio,
dalle spalle quadrate, il volto duro, dominatore e deciso.Non so quale
giornalista gli riconobbe anche "la testa classica del tiranno".Certamente
egli recava su di sè il segno della sua forza e della sua grandezza.E'
per questo che egli esercitava spesso su coloro che l'avvicinavano un vero
fenomeno di suggestione.
L'uomo di stato, il condottiero impediva di vedere il vero Mussolini.Perchè,
nel fondo, l'animava un vero impulso di umanità.
Tutti coloro che ebbero la possibilità di avvicinarlo in maniera
costante possono testimoniarlo.
Nato in un piccolo villaggio, figlio di un fabbro, egli rimane per
tutta la vita semplice e sensibile.
Non era maturato in città.Non aveva niente del borghese, del
raffinato.Sdegnoso di ogni ricchezza è sempre vissuto modestamente.Condotto
quasi direttamente dal villaggio natale al posto che occupava, egli aveva
conservata intatta non solo la sua semplicità naturale, ma la sua
freschezza di impressione campagnola e primitiva.Durante la vita conservò
una viva simpatia per gli umili, per i contadini e per i lavoratori.Non
appena si trovava in mezzo agli operai parlava volentieri con loro.
Noi lo abbiamo visto nelle paludi Pontine intrattenersi faccia a faccia
con un vecchio agricoltore, sulla spalla del quale egli posava familiarmente
la mano.Coloro i quali vogliono ad ogni costo raffigurarlo come un essere
intrattabile, rude, duro come il granito si ingannano completamente.
Nel 1932, all'epoca del suo primo viaggio a Genova, quando l'incrociatore
sul quale si trovava, entrando nel golfo s'avvicinò alla città,
allorchè gli equipaggi delle navi nel porto e la gente ammassata
a centinaia di migliaia sulla banchina, sui tetti e le colline lo salutarono
in un radioso mattino con acclamazioni trionfali, nelle sventolio delle
bandiere e al suono delle campane di tutte le chiese, allora coloro
che lo attorniavano videro le lacrime, una ad una, solcare lentamente le
sue gote.
Mussolini piangeva apertamente alla maniera antica, senza il falso
pudore di voler dissimulare il suo turbamento.
Ugualmente quando "Horatio"fu rappresentato al foro, i versi
immortali di Corneille lo costrinsero più volte a portare la mano
alle palpebre.
Il potere non lo logorò per niente.Per tutta la vita egli conservò
intatta la sua spontaneità emotiva.
Non si possono enumerare i suoi atti di bontà.Questi comprendono
anche i suoi vecchi avversari.Più volte egli fece aiutare vecchi
socialisti caduti in miseria.Si contano a migliaia gli scrittori e artisti
ai quali, con i più ingegnosi mezzi, egli assicurò una vita
decente.La moderazione e la dignità ispirarono il più piccolo
dei suoi atti.
Quando fu liberato al Gran Sasso da una squadra di paracadutisti, il
loro capo, Skorzeny, gli domandò cosa doveva fare degli uomini incaricati
della sua custodia ed egli rispose in tutta tranquillità:"
Lasciateli andare.."!
Se la clemenza fosse dipesa solo da lui, nessun membro del Gran Consiglio
sarebbe stato fucilato.
A dispetto di una assurda diceria, egli fu sempre d'una tolleranza
rara nei confronti dell'opposizione intellettuale.I suoi nemici più
acerrimi devono essi stessi riconoscere la sua politica di clemenza e di
generosità.Allorchè egli divenne il capo della Repubblica
Sociale Italiana e dovette affrontare la "resistenza" tante volte
egli perdonò ai partigiani.La storia riconoscerà la sua grandezza
d'animo.
"Una cosa mi pare certa: il bilancio della dittatura mussoliniana
è terribilmente deficitario". Così si esprime un nostro
amico in una lettera indirizzataci all'indomani della morte di Mussolini.Noi
non crediamo che la storia possa ratificare questo giudizio.Per il momento
non è del bilancio della dittatura mussoliniana che si tratta, ma
del bilancio del colpo di stato di Badoglio.
Dopo questa guerra l'Italia perderà non solamente l'Africa Orientale
e la Libia, ma anche il Dodecaneso, la Dalmazia,Fiume e probabilmente l'Istria,
Trieste e Gorizia sulle quali si stende già la mano jugoslava e
panslava.Ma ciascuno deve riconoscere che se non si fosse verificato il
colpo di stato del 25 luglio 1943, il disastro nazionale e forse anche
la catastrofe dell'Asse avrebbero potuto essere risparmiati.Il popolo italiano
non avrebbe evitato solamente il suo calvario attuale ma anche il disfacimento
totale delle sue Forze armate, la disgregazione dello stato e soprattutto
la guerra fratricida.Il disastro italiano attuale non è quindi
il bilancio del fascismo.E' quello dell'antifascismo.
Ma si dirà che, se l'Italia fascista non fosse entrata in guerra,
tutto ciò non sarebbe accaduto." A Mussolini sarebbe stato
vantaggioso non muoversi" ci scrive una penna israelita.Evidentemente
l'Italia avrebbe potuto restare neutrale in questa guerra.Avrebbe potuto,
come un piccolo stato, rimanere fuori della mischia.Rimanendo non belligerante
avrebbe potuto avere dei grandi vantaggi finanziari e commerciali.Ma Mussolini
ha giudicato che l'onore di una grande nazione non poteva coincidere con
i suoi soli profitti materiali.L'Italia aveva già proclamato il
suo diritto vitale, e impugnato davanti alla coscienza del mondo i suoi
problemi di natalità, d'alimentazione, di espansione, di materie
prime, di lavoro , di produzione.Confinarsi in una neutralità basata
sul profitto avrebbe significato nient'altro che una rinuncia definitiva
alle sue mete secolari.
D'altronde si sa che cosa sono diventate, in questa guerra,
la neutralità turca, la neutralità portoghese, la neutralità
argentina.E ciascuno di noi ha inteso, da certe radio straniere, le minacce
contro la Spagna di Franco, compresa anche la possibilità di una
dichiarazione di guerra.
Conservando la sua neutralità, con la sua posizione al centro
del Mediterraneo, l'Italia sarebbe stata abbassata al rango di una piccola
nazione sud-americana.Si può dunque affermare in tutta serenità
che chiunque fosse stato al potere a Roma nel 1940 non avrebbe impedito
all'Italia d'intervenire in un conflitto ove era in gioco la sorte dell'Europa
e dal quale doveva uscire un nuovo equilibrio del mondo.La posizione storica
e geografica della penisola le imponeva la lotta. O rinunciare al rango
di grande potenza o rassegnarsi a divenire per sempre un paese di turismo
e viaggi di nozze, o rischiare tutto, audacemente, per conquistare l'indipendenza
definitiva.
La guerra doveva dunque liberare l'Italia da ogni soggezione e donarle
un posto degno nel mondo."Non muoversi" avrebbe voluto dire restare
per secoli in condizioni di definitiva inferiorità politica, economica,
sociale e morale.L'errore del fascismo è dunque quello di aver tentato
di fare dell'Italia una nazione libera, grande e prospera. Mussolini ha
osato...Ma cosa sarebbe diventata l'Italia se il piccolo Piemonte, nel
1848, non avesse osato sfidare il potente impero degli Asburgo?. Nessuno
ha rimproverato allora Cavour d'avere "osato muoversi".Certo
bisognerebbe essere sempre sicuri di vincere .Ma tutti i belligeranti,
qualunque essi siano, e soprattutto quelli che dichiarano una guerra, sono
"a priori" sempre sicuri di farcela.
L'Italia fascista ha difeso sino alla fine la sorte delle generazioni
future della penisola.Oggi la guerra è finita.Nondimeno le situazioni
permangono di una smisurata grandezza.Esse possono prendere uno sviluppo
imprevisto.Cosa significherà un domani per l'Inghilterra e gli Stati
Uniti vincere assieme alla Russia?
La fine della guerra non risolverà i problemi posti.Ne possono
nascere degli altri ancora più terribili.
Il bilancio del Fascismo?
Dopo secoli di silenzio e di decadenza, l'Italia ha nuovamente parlato
ed agito.Dopo la marcia su Roma, lungo la strada del suo destino, pietre
miliari imponenti hanno segnato, durante quasi un quarto di secolo, i suoi
sforzi e le sue realizzazioni.Esse hanno nome:strade, autostrade,ferrovie,
canali di irrigazione, centrali elettriche,
scuole, stadi, sports, aeroporti, porti, igiene sociale, ospedali,
sanatori, bonifiche, industrie,commercio,espansione economica, lotta contro
la malaria, battaglia del grano, Littoria, Sabaudia, Pontinia,, Guidonia,
Carta del Lavoro, collaborazione di classe, corporazioni, Dopolavoro, Opera
Maternità e Infanzia, Carta della Scuola, Enciclopedia, Accademia,
codici mussoliniani, Patto del Laterano, Conciliazione, pacificazione della
Libia, marina mercantile, marina da guerra, aeronautica, conquista dell'Abissinia.
Tutto ciò che ha fatto il Fascismo è consegnato alla
storia.E niente riuscirà a cancellare queste prove sorprendenti
di una volontà indomabile di creatività e di ricostruzione.
In politica estera, nel 1932, a Ginevra, viene esposto il progetto
mussoliniano tendente all'abolizione dell'artiglieria pesante, dei carri
armati, delle navi da guerra di linea, dei sottomarini, degli aerei da
bombardamento.Nel 1933 una nuova proposta in favore della pace:il patto
a quattro, la cui accettazione avrebbe salvato l'Europa.Qualche mese più
tardi ancora un suggerimento per la tregua immediata degli armamenti.Nel
1934 l'esposizione di un nuovo sistema di pacificazione del nostro continente.
Lo stesso anno, all'inaugurazione di Littoria, nel cuore delle paludi
pontine redente dalle loro torbe e dalle loro febbri, la famosa dichiarazione:"
Abbiamo conquistato una nuova provincia.Abbiamo dovuto combattere,ma questa
guerra, la guerra pacifica, è la guerra che noi preferiamo".
Nel 1935 ci sono gli accordi Franco-Italiani di Roma.Nel 1938 c'è
il Gentlemen's Agreement con l'Inghilterra.Nel 1939, alla vigilia della
guerra attuale su suggerimento del Duce:è Monaco, l'ultimo tentativo
di evitare il conflitto.Ecco ciò che risponde la verità nuda
a tutte le deformazioni degli slogans.
Certamente Mussolini - noi ne abbiamo esposto le ragioni - è
entrato volontariamente in guerra.Ma egli non l'ha voluta.
In un documento che presto renderemo pubblico egli afferma con parole
precise : " Nella primavera del 1939 - egli scrive in terza persona
- il cantiere italiano era in pieno fervore e Mussolini per primo sentiva
che non si doveva sfidare troppo il destino.Egli si rendeva conto che un
lungo periodo di pace era assolutamente necessario all'Europa in generale
e all'Italia in particolare e che la guerra, una volta scoppiata, avrebbe
interrotto tutto, compromesso tutto e forse rovinato tutto.Nella sua opposizione
alla guerra c'erano anche dei motivi di carattere politico e morale, come
il presentimento che la sorte dell'Europa, come continente creatore di
civiltà, era in gioco..No,Mussolini non ha voluto la guerra. Egli
non poteva volere la guerra; egli la vedeva avvicinarsi con terribile angoscia.Egli
sentiva che essa era un punto interrogativo per tutto l'avvenire della
Patria".(1)
Il Dio delle battaglie ha già espresso la sua sentenza suprema.
Al termine di questa lotta gigantesca i popoli ricchi, ben provvisti
di tutti i beni della terra, hanno sconfitto i popoli diseredati ad alto
potenziale demografico.La Germania e l'Italia sono vinte.L'una e l'altra
avevano chiesto per il diritto alla vita ciò che esse stimavano
legittimo.
Per diritto di possesso, per egoismo naturale e consacrato, le altre
potenze glielo hanno rifiutato.Chi ha avuto torto, chi ha avuto ragione?
Lasciamo ai posteri l'ardua sentenza.
Per la penisola, l'episodio mussoliniano è terminato.La storia
dirà un giorno la messe di gloria raccolta, armi alla mano, sotto
il segno del fascio.Benchè abbia dovuto lottare in condizioni estremamente
difficili, benchè la superiorità navale dell'Inghilterra
abbia reso impossibili grandi vittorie, l' Italia mussoliniana ,prima dei
suoi rovesci, ha riportato dei successi incontestabili.Le sue armate hanno
condotto le proprie insegne dalle sabbie torridi della Libia fino
ai ghiacci della Russia.I suoi cavalli si sono abbeverati nelle acque del
Guadalquivir, del Dnieper e anche delle sorgenti del Nilo.La sua bandiera
è sventolata sull'Atlantico fino presso la Manica.Dopo un'epica
corsa lungo le rive africane, i suoi battaglioni sono giunti fino alle
porte di Alessandria e, per la prima volta dall'antichità, la terra
dei Faraoni ha rivisto le insegne di Roma.
Allora, nel mondo intero, la causa italiana e fascista non mancava
certo di incensatori.Ma è bastato un solo cambio di vento a favore
dei vincitori perchè immediatamente i codardi e i pusillanimi trasportassero
nel campo avverso il loro miserabile incenso.Ed è proprio nell'Italia
stessa che il fenomeno ha preso l'aspetto più rivoltante.
Anche la stessa vittoria dell'altra guerra era stata minacciata, dal
1919 al 1922, da un gruppo di disfattisti , sabotatori e rinunciatari (2).Questa
volta il marcio ha preso un carattere nazionale.L' Italia ha mollato più
per lo smarrimento dei suoi figli che per le virtù guerriere dei
suoi nemici; è stata vinta da se stessa, per il suo stesso disfattismo.
L'italiano ha dei difetti terribili.A fianco delle più belle
qualità, l'intelligenza rapida e acuta, il coraggio personale, una
propensione naturale lo spinge verso lo scetticismo, il dubbio, il minimo
sforzo.
Egli è facilmente prodigo di belle rassicurazioni, ma troppo
spesso manca il legame tra la parola,il pensiero e l'azione.E' facilmente
fazioso.Lo domina il suo interesse personale.
Non ha il culto dell'obbedienza civica.Di più, allevato al seno
dell'universalismo cattolico, è rimasto sprovvisto per secoli di
un vero spirito militare e completamente indifferente alla gloria del suo
paese.La verità è che, sia per il sub-strato mentale del
suo popolo,sia per la sua storia, "...l'Italia non ha mai potuto diventare
una nazione come le altre" (3).
Tuttavia la guerra italiana avrebbe conservato sino alla fine il suo
normale atteggiamento se il voltafaccia del Re e dello Stato Maggiore non
avesse agito come fermento di demenza e di decomposizione.Persa la sua
coesione, stravolta la sua coscienza, il paese, nella sua gran maggioranza,
si abbandonò al lassismo, all'indifferenza, all'incomprensione.Egli
perse il controllo dei suoi nervi.
Dimenticò che quello che era in gioco oggi non era solamente
una dottrina politica o un sistema sociale, oppure un obiettivo di lusso,
ma l'eredità degli avi, l'avvenire della razza, la terra per i figli,
il pane quotidiano, la dignità, l'onore, la libertà, l'indipendenza
nazionale.E' per questo che il futuro rivolgerà probabilmente un
vero e proprio atto di accusa contro i responsabili.Le generazioni a venire
li scomunicheranno per aver portato deliberatamente il paese alla soglia
della disfatta e per avere loro interdetto, forse per secoli, il ritorno
degno e libero sul campo della propria storia.
Ma se c'è un nome che , in tutto questo dramma, resterà
puro e immacolato, sarà quello di Mussolini.
In tutte le circostanze e nell'avversità più atroce il
Duce è rimasto di una fermezza incoccussa.Egli non ha commesso alcuna
mancanza .Fino davanti alla morte è rimasto fedele al suo onore:
non ha capitolato.
E' per questo che, senza parlare dei sui fedeli, gli stessi avversari
- se hanno conservato nel cuore la nozione dell'umana nobilità -
non possono che inchinarsi davanti alla sua tomba in rispetto e ammirazione.In
Szivvera, soprattutto, la sua morte deve risuonare dolorosamente nel cuore
di tutti coloro che si ricordano quanto quest'uomo amasse il nostro paese,
al punto che più volte la sua voce si è levata in nostro
favore e nelle ore di angoscia egli si è posto fraternamente al
nostro fianco.
Nel momento del successo e della gloria le nostre autorità l'hanno
nominato "dottore honoris causa" dell'Università di Losanna,
e gli è stato offerto, durante una solenne manifestazione, una copia
del busto di Marco Aurelio rinvenuto in terra d'Avenches.Una pubblicazione
ufficiale, il Dizionario Biografico della Svizzera, lo cita pure,
a fianco di Roman Rolland, tra gli stranieri che hanno onorato il nostro
paese.Possiamo dunque anche noi, in quest'ora dolorosa, senza alcuna riserva,
indirizzare un pensiero commosso al ricordo di questo grande uomo di pensiero
e di azione.Egli ha orribilmente sofferto.E' stato tradito dai suoi.Gli
stessi, che l'avevano esaltato e che marciavano all'ombra della sua gloria,
l'hanno venduto per trenta denari.
Tra milioni e milioni di suoi compatrioti, ai quali aveva reso l'orgoglio
di essere italiani, neanche uno solo si è trovato là, nell'ora
suprema, per coprirlo piamente col sudario e chiudergli gli occhi.E' sorte
dei grandi uomini di essere crocifissi, pugnalati, gettati sulle isole
deserte.Egli fu tra i più grandi. Dominò dall'alto tutti
coloro che lo circondavano.
Egli fu più grande dell'Italia e ha tentato di sollevarla al
di sopra di se stessa, di alzarla al livello dei più grandi imperi.Ma
nè i polmoni nè il cuore dei suoi compatrioti furono abbastanza
solidi.La debolezza dell'Italia ha paralizzato la forza e lo slancio del
suo condottiero.
Se avesse vinto questa guerra , sarebbe stato consacrato genio universale
e divino e la sua patria, malgrado le sue numerose ferite, avrebbe ritrovato
non solamente la sua piena integrità territoriale e il suo impero,
ma l'alone di gloria che l'ha circondata nell'antichità.
Vinto, egli è destinato allo spregio e le radio del mondo intero
lo proclamano anticristo, Lucifero, o Cesare da Carnevale.
Come Napoleone alla sua morte.Ma il tempo rimette ogni cosa al suo
giusto posto.La storia non potrà vilipendere la sua memoria e gli
renderà giustizia.Il suo sangue non sarà sparso invano.
Più di ogni altro è quello dei martiri che feconda la
vita dei popoli.In vita, Mussolini aveva già la sua leggenda; essa
ingrandirà.Mai, dopo il rinascimento, l'Italia ha palpitato tanto
di vitalità quanto durante il grande periodo del Duce.
Nelle istituzioni, nei codici mussoliniani c'era ancora il fremito
di un mondo nuovo.Poi, dalle Alpi al Nilo, dalla Spagna al Volga il sangue
ardente dei soldati italiani inondò questa terra..Nell'aria brillava
un sole di gloria.Ebbene,qualunque cosa avvenga, questo passato non morirà.Il
fermento che egli ha riversato non solamente nelle vene italiane, ma nelle
arterie del mondo, continuerà a ribollire.
Ai popoli in agitazione egli ha indicato una delle strade della salvezza.La
disfatta fa retrocedere nel cammino percorso.Altri, più tardi, riprenderanno
questa grande via maestra, la via Appia della Storia.
Innumerevoli frutti sorgeranno dalla sua esperienza, dalla sua fede,
dal suo martirio.
Un giorno Mussolini diverrà immagine e idea.
Egli ha conosciuto il trionfo e ha conosciuto l'avversità.Ha
raggiunto la fama.Continuerà a vivere negli spiriti.Gli si domanderanno
esempi, lezioni, una dottrina.Il prestigio del suo nome resterà
intatto.
Rimarrà uno dei più grandi artefici della trasformazione
dell'Europa e del mondo.Egli apparirà nei secoli futuri come una
delle forze rivoluzionarie più efficaci della storia.
tratto da "NuovoFronte" n° 151 febbraio 1995
Note:
(1) Il bilancio del Fascismo?
Ecco le dichiarazioni che M.W. Churchill ha fatto alla stampa italiana
nel gennaio del 1927, durante un viaggio a Roma.
" Il vostro movimento ha reso un servizio al mondo intero.Sembra
che ciò che caratterizza tutte le rivoluzioni sia una progressione
costante verso la sinistra, una sorta di slittamento inevitabile verso
l'abisso.L' Italia ha dimostrato che esiste un mezzo per combattere le
forze sovversive che possono ingannare le masse popolari e che queste,
ben condotte, possono apprezzare il valore di una società civilizzata
e difendere l'onore e la stabilità.E' l'Italia che ci ha dato l'antidoto
necessario contro il veleno rosso.("La decomposizione dell'Europa
liberale" pag. 178 M. Bertrand de Jouvenel).
(2) Ci sarebbe da scrivere una pagina di alto interesse storico che
proverebbe che i disfattisti italiani del 1915 - allora germanofili - sono
stati i germanofobi del 1940-1945
(3) la frase è di Renan
NUOVO FRONTE N. 151 Febbraio N 195 (Indirizzo
e telefono: vedi PERIODICI)